Sunday, February 18, 2007

Che cosa è il Pemmican?



Feelin' Groovy, IPod, chewing-gum: American English for Dummies


Queste pagine cominciano a servirmi, oltre che per capire l'America, per non dimenticare l'italiano: credetemi, è sempre più difficile trovare le parole, anche perché in questi due mesi e mezzo ho avuto una sola conversazione reale in lingua madre, peraltro con un professore tedesco. Il resto in inglese, che sicuramente non è quello di Oxford. E mentre fuori fiocca la neve, riflettiamo un po' sulla frase precedente.

Che l'American English non sia il British English, è risaputo. Quanto non lo sia lo è un po' meno, le ragioni sono spesso ignote al grande pubblico. Insomma, se vai negli USA con il BE o viceversa, te la caverai... Non è detto. Un giorno, a Londra, guardavo con alcuni amici il film Salvate il soldato Ryan, la cui scena più commovente è forse quella dei soldati americani in attesa a bordo delle loro landing crafts. Per molti di loro, specialmente i primi a saltare giù sulla spiaggia, la morte sarà pressoché certa. Sono soldati semplici, guidati da qualche ufficiale e da diversi sergenti con la pelle dura, ragazzini spediti in Europa direttamente da Brooklyn, dal Midwest, dall'Idaho, dalla Louisiana, dalla California. Parlano tra loro, provano a scherzare, ma soprattutto si assicurano che i sopravvissuti nel caso trasmettano "la notizia" ai propri cari in maniera non troppo scioccante. Sta per cominciare lo sbarco. Un amico, inglese e professore di lingua inglese mi chiede se capisco quello che dicono, rispondo che ci riesco a spizzichi e bocconi (spizzicks and bits), francamente una cosa che non capisco è la sua domanda, alla quale segue l'osservazione che lui comprende il 70 per cento di quello che dicono e io rimango basìto (bella parola, basìto, chissà perché quelle che non usi mai ti restano in mente, assieme alle parolacce, mentre le altre volano via o si rinchiudono nei loro condomini cerebrali, per proteggersi dall'inverno linguistico).

Ogni giorno, quando mi sveglio, non so quanto capirò del mondo che mi sta intorno. È un po' come diceva Eraclito, "non ci si può immergere due volte nello stesso fiume", ma aveva ragione anche il suo discepolo Cratilo: "nemmeno una volta". Se vi chiedono di ripetere quello che avete detto, ecco che già l'American English è mutato e con lui il mittente, il destinatario e la sua attenzione o pazienza, il contesto, il testo, e anche il pretesto. L'AE è così, semini molto e raccogli, certe volte il 30, altre il 60, altre l'80. Mai tutto quello che hai seminato. C'è sempre qualche cambiamento nella geografia dell'AE. Prima mi arrabbiavo, o mi sentivo umiliato, possibile che dopo tanti anni, corsi, total immersions, annegamenti, esercizi, metodi sicuri, metodi certi, metodi magici, metodi subliminali, conversazioni madrelingua, letture, traduzioni, BBC, varie ed eventuali...

Poi ho capito che l'inglese in America non si impara, lo si incontra come un fiume, certe volte ci si ferma a fare il morto (che parla) in un'ansa tranquilla, altre volte ci sono le rapide, e, quando meno te l'aspetti, le cascate. L'importante è sapere che ogni tanto ci sono degli ormeggi, dei porti, delle spiaggette in cui riposare i neuroni, la lingua e le orecchie. Inutile andare alle fonti, si fà la fatica di un salmone risalendo il fiume e non si trova mai una risposta sicura. Scriveva tempo fa una lettrice del Corriere che apparentemente l'inglese è la lingua più semplice da imparare, ma dopo molti anni, a differenza di tante altre lingue, ci si trova spesso a dover ricominciare. Correct! 100%. Tuttavia non siamo noi a ricominciare. È proprio l'inglese che ricomincia. E in America questo è ancora più vero; e chi è meno in grado di capirlo, secondo gli stessi Yankees, sono i loro cugini britannici. I conti tornano.


Facciamo un esperimento iniziale, banale perché vale per tutte le lingue: mostrate una grammatica inglese per stranieri a un indigeno, vi riderà dietro... chi parla così in realtà?

Il caso di noi italiani è diverso: gli svizzeri italiani parlano come una grammatica per stranieri, quando non parlano nel loro dialetto pseudo-comasco. Quanto alle grammatiche italiane per stranieri, un mio amico di qui mi ha mostrato uno splendido manuale del Ventennio, che ha comprato per qualche decina di centesimi. L'italiano è perfettamente inquadrato, si spiega l'uso corretto di conciòssiaccosacché, si parla di stazioni di sci, di rosolio, di autovetture e motocicli; ma soprattutto ogni regola è accompagnata da esempi che mirano a chiarire l'uso, sulla base della storia della lingua e della pratica. Ogni regola è seguita invariabilmente da tre frasi, la prima proviene da Dante, Petrarca & Co. (tipo Sao ko kelle terre per killi fini ke kki kontene trentanni le possette parte monasteri santi benedicti, or so), la seconda viene dalla cultura "del tempo" (Dativo di interesse: "A chi la vittoria? A noi!"), la terza è tratta dall'uso comune (di quel tempo, nella testa di un professore di grammatica): "Orsù, amata Olivia, favorisci passarmi la brocca, se non t'è di soverchio disturbo": ma che, scherziamo?)

Di conseguenza, dimenticate le regole, inversioni a parte, sennò pensano veramente che state affermando qualcosa e non vi danno risposta alcuna, possono prendervi per scemi ("tu conosci l'italiano", affermativo), oppure potete creare aspettative non fondate ("viene anche Sarah", affermativo, "allora vengo anch'io" dice Jim, ma Sarah probabilmente non verrà, specialmente se la domanda era retorica e il desiderio di Jim di incontrare Sarah era intenso); fatto salvo questo punto, sul quale gli inglesi sono più flessibili, accettando l'intonazione interrogativa, alla prova dei fatti, se seguite le sue regole, la lingua piu' semplice del mondo vi tradirà inevitabilmente. Accettate di aver sposato una che non ci sta con la testa. Ha altre qualità, ma è fuori come un balcone. Non ci sono regole, proprio come nel Far West: l'inglese qui si parla più per convinzione che per correttezza grammaticale. Chiaro, se volete darvi un tono, potete parlare un inglese grammaticale: guardatevi intorno e se la gente vi capisce, siete nel magico mondo di Harvard. Però Harvard è un'attrazione turistica, un fenomeno come Disneyland, le cascate del Niagara, il Grand Canyon e buona parte di Hollywood.

Nel cuore di ogni americano è scritto a chiare lettere (non so a questo punto in quale lingua) che l'inglese qui si parla perché si pensa di saperlo: cioè è molto più importante far finta di saperlo parlare che parlarlo veramente. Tenete a mente (keep in mind, anglismo, aaaugghh), che ogni giorno centinaia di gocce umane vengono immesse nell'ampio flusso del Mississippi linguistico, e con loro tradizioni, backgroud culturali diversi e quant'altro. Lo chiamano melting pot, una parola che dovrebbe evocare una zuppiera in cui le varie etnie si mescolano (in realtà galleggiano perché la mescolanza non genera sempre una nuova soluzione, ma può portare a sospensioni o altri fenomeni chimici di incompatibilità totale, impermeabilità, o parziale, osmosi o quant'altro). Peraltro, pot nel suo significato secondo sta per marijuana..., probabilmente il migliore inglese si parla quando si va high con questa sostanza (drug qui sta per medicina e droga, per cui bisogna distinguere tra aspirina, legal drug, ed eroina, illegal drug). Però non vi possono arrestare se parlate inglese, sì se fate uso di marijuana. E allora torniamo al primo significato: l'America è una minestra mal riuscita, con zone d'olio in superficie, pezzetti di pane che galleggiano, chiazze di salsa, qualche residuo vegetale, un fondo di diversa densità, in certi posti è come il lago di Como. Ma anche la cucina americana è così, non pensateci e mangiate. Non pensate e parlate. In libertà. Perché in questo fiume di parole, chi ha piu' successo non è chi s'imbarca sulla Advanced Cambridge Grammar for Foreigners (with exercises, second edition revised), ma chi affronta conn coraggio la corrente, saltanto da una sponda a un altra con mezzi di fortuna, tronchi e zattere, e cercando di parlare come meglio può e senza ritegno. Sì, proprio il tuo compagno di classe che veniva regolarmente rimandato in inglese e vende lubrificanti. L'AE è una lingua per imprenditori, pionieri, in genere, per gente motivata, non per mammolette che hanno studiato nelle scuole giuste (del loro paese e non). Il suo maestro è Mark Twain, con i suoi Tom Sawyer ed Huck Finn

C'e' una parola, eccezionale, in inglese, ed è groovy, da cui feelin' groovy (Paul Simon). Riporto il testo, ho provato una traduzione ma non funziona.

Slow down, you move too fast, you've got to make the morning last Just kickin' down the cobble-stones, lookin' for fun and feelin' groovy Feeling groovy Hello lamp-post, what's cha knowing, I've come to watch your flowers growin' Ain't cha got no rhymes for me, do-it-do-do, feelin' groovy Feeling groovy I've got no deeds to do, no promises to keep I'm dappled and drowsy and ready to sleep Let the morning time drop all its petals on me Life I love you, all is groovy






Being groovy è l'essenza metafisica dell'americano, Tommaso d'Aquino la chiamava connaturalitas, Aristotele e altri filosofi antichi oikeiosis (da oikia, casa, dimora, stare a casa propria). Ne parlerò un giorno, ora mi limito solo a qualche osservazione linguistica. A casa propria in genere si sta bene, specialmente se non si hanno sorelle, e quindi è tutto OK, il che spiega perché groovy lambisca semanticamente le spiagge del cool (figo), ma si accompagni anche al camminare gongolante, ciondolando da un divano all'altro, senza scarpe (ma con i calzettoni di cotone) sulla moquette o sul parquet, i pantaloni larghi e una felpa. Quindi groovy può anche essere, alle volte, grunge, perché ben presto gli indumenti si sformano e si stazzonano (tiè, una bella parolona raffinata). Con appropriato uso di IPod





connesso ai padiglioni auricolari, il groovy diventa un silenzioso e autosufficiente hip hop (giusto per dare i punti fondamentali della storia della musica americana del secolo scorso). Groovy è domestico ma non statico, non è un concetto, è un atto o meglio un'interazione, un'armonia; è la musica del grembo materno; la dimora è dinamica negli States, è tanto la veranda (con il dondolo), sia la strada da percorrere (la letteratura on the road, non a caso è un fenomeno americano), singole storie, strade diverse per ciascuno, il sentiero tra i boschi, la pista nel deserto, la via in mezzo alla neve... E allora il primo gradino per assimilarsi alla cittadinanza americana e' prendere il ritmo del groovin'. Immaginate un rapper. Pensate a uno dei ragazzi negri o di colore (anche qui dovremo riprendere il tema) che si vedono nelle sitcom. Loro sono grunge, vestono con pantaloni larghi, cavallo basso, IPod direttamente brain-plugged, maglietta o felpa slavata, berretto di lana calcato sulla fronte. Ecco, se volete imparare l'inglese americano, dovete smettere i vestiti del gentiluomo della City o le mise della anziana signora che vi offre il tè. Se dovete scegliere, negli Oscar di quest'anno, tra la regina Elisabetta e Forrest Whitaker, mettete la croce sul secondo.

Fissate nel cervello questo ragazzo che ondeggia, le mani nelle tasche dei pantaloni o della felpa, dondola al ritmo della musica che passa per la sua testa, ecco dondolate anche voi e prendete la cadenza, all'inizio il vostro cervello non sarà tuned (il genio di Steve Jobs, che ha chiamato ITunes il suo programma per sentire musica, c'è il Tune e c'è l'I) non sarà in accordo con il mondo intorno a voi, a un certo punto però forse troverete il punto magico (forse il vostro super-Io vi impedirà di trovarlo, imparate il tedesco, bellissima lingua, stessa radice, nessuna spontaneità); se però lo trovate, lasciatevi andare come quando avete cominciato ad andare in bicicletta, che vi sembrava, tanta era la gioia, di aver pedalato da sempre senza rotelle. Pensate ai ciottoli che rotolano nella canzone di Paul Simon.

Una volta tuned È il momento di metterci sopra le parole. Anche loro vi verranno spontanee sulla lingua, nell'ambiente groovy non esiste "ce l'ho sulla punta della lingua", perché la lingua è diventata parte del mondo e dell'io; perché non state parlando una nuova lingua bensì state heideggerianamente dando voce all'essere, manifestando i micro-fonemi dell'umanità di base, il groovy non è concettuale, pensate ai fumetti, per noi bang, thud, grump, ouuch, yawn, gulp, pant, grunt, bubble, peep, hum, splash, groan, gasp, yell, sigh, smack, snore, snooze, creak, wham... sono parole senza senso (ricordate la canzone?). Ma se le inserite nel groove, allora le modellate, le dilatate, diventano le uniche, vere unità linguistiche umane: che cos'è un gulp opportunamente modulato, se non un riassunto di una deglutizione, che puo' essere piu' o meno lunga, riuscita, difficile, soddisfacente e che comunque è fisiologicamente uguale in tutto il mondo? La differenza è nella modulazione, nella cadenza, nel fermarsi, o nel proseguire, ma in fondo è sempre un gulp! Certo, quando deglutite non fate gulp, però nel groove la cosa puo' suonare mmghmmmlpbh, che vi assicuro si scrive e si capisce come gulp, specialmente se connesso con le altre parole o meglio con gli altri suoni fisiologici. Gulp va molto bene con burp e cough, che peraltro, in inglese sono verbi, basta metterci il "to" davanti che vi avverte della caratterizzazione grammaticale, gli americani quando possono lo sostituiscono con il più dimamico e impersonale gerundio (sto dicendo che l'inglese americano è una sorta di panteismo materialista in divenire? Leggete Walt Whitman e ne riparliamo). Ma l'inglese, quello vero, il British English (BE) è un'essenza statica, frutto di generalizzazioni empiriche non uno strumento per risolvere problemi come l'inglese americano che esiste nella realtà e diviene.

Allora, se volete parlare l'inglese americano, il punto non è usare parole diverse o dire che "esiste lo slang". Fermo restando che dovete rispettare l'inversione e avere un timore reverenziale per le h (aspirate, gente, questo è un continente fatto di gente che aspira, che vi succhia l'aria dai polmoni), per il resto, condensare le differenze in due pagine di paroline o parolacce, come fanno la famosa Cambridge Grammar o le sue cugine, è mala fede oppure residuo di un certo imperialismo colonialista.

Riassumiamo: prima di tutto dovete assimilare il groove, il rumore di fondo primordiale del bigbang, del mondo della natura inorganica o se preferite il ricordo del liquido amniotico. Questo vi dara' il ritmo di base sul quale inserire gli esseri viventi, vegetali e animali, con la loro normale versificazione: tutti i viventi, non solo gli animali razionali, parlano inglese, proprio ieri vedevo un video dove si aveva l'impressione che alcuni cani parlassero: facevano i loro versi, e non sembravano italiani o tedeschi, ma inglesi.

A tutto questo aggiungete le parole che derivano dalle lingue originali che erano presenti o sono state importate negli USA. Le quali pero' per adattarsi al ritmo e alla melodia animale, devono sacrificare una parte di sè, devono autoamputarsi, con senso della misura e saggezza. Vi sarete chiesti, certe volte, alle prese con una canzone americana: ma come si fa a pronunciare tutte queste parole su una melodia così breve? Semplicissimo, basta innanzitutto eliminare le vocali (un imperativo categorico è far fuori tutte le "e" finali dei participi passati: chang'd, turn'd, etc. Chi pronuncia le vocali sono gli inglesi, che le accompagnano con eleganza alla porta naturale che e' la bocca, che certe volte si spalanca in vocali aperte, certe altre, specialmente nel dialetto londinese, il cockney, si stringe, come per fare uscire di nascosto un ospite scomodo (gli inglesi sono puritani, si sa): questa conformazione della bocca ha un nome preciso nella mia terra natia, che richiama le galline e alcune loro operazioni fisiologiche.

Eliminate le vocali, cercate di attaccare i pronomi alle parole che precedono e seguono, ma soprattutto usate la lingua e le consonanti: ecco il segreto!

Una breve nota di anatomia, che risale al primo libro che ho letto in assoluto, (H. W. Morrow, Le verdi colline dell'Oregon, Salani (vecchi libri, sigh, la stessa editrice di Harry Potter). Ristampato nel 1980. Con illustr. di U. Signorini, rilegato,pp. 190. Euro 8.); è la storia di una famiglia di pioneri che parte da Est al completo per attraversare l'intero subcontinente: credo che ancora nel New England la madre moriva (chissà perché le madri qui sono cagionevoli, pensate per esempio a quanti orfani nella letteratura e nel cinema, dal Buio oltre la siepe a Paper Moon). Dopo anche qualche centinaio di miglia anche il papà tirava le cuoia o gliele facevano tirare gli indiani, e la famiglia rimaneva sul groppone del figlio maggiore assieme a una nidiata di bimbi, un carro e poco altro. E il figlio maggiore (spezziamo una lancia per questa categoria bistrattata) arriva fino all'Oregon, cioè sul Pacifico, cibandosi di Pemmicam. Che cosa e' il Pemmicam? Come vi spiegherebbe un dotto commentatore del Talmud, alcune popolazioni seminomadiche, costrette a spostarsi in territori aridi e deserti, come gli ebrei, gli egiziani o gli indiani americani, si cibavano di durissime misture di erbe e carne essiccata, che spettava alla madre masticare fino a renderla commestibile per i bimbi. Pensate: la stessa cosa in Medio Oriente e sulle Montagne Rocciose. Tra l'altro, come è stato notato, una bellissima metafora dell'insegnamento: in aramaico, la parola che indica il maestro ha la stessa radice di dente, il maestro mastica la dura materia e la passa al discepolo quanto sa che può usare i suoi denti... la tradizione cristiana del de Magistro si sofferma più sull'immagine di San Paolo che parla di un passaggio dal latte materno a cibi piu' sostanziosi, cosa che comunque non esclude quando detto, ma dalla Genesi o dalla cultura nativa americana all'impero romano qualcosa era cambiato... Ma anche per gli indiani non era più tempo di Pemmican, ma perdere l'abitudine di masticare non era facile: i capi tribù, continuarono con il tabacco, poi arrivò la chewing-gum, che all'inizio mantenne il suo legame con i nativi. Peraltro, in una reviviscenza delle tradizioni antiche il pemmican è tornato di moda e potete trovare molti siti sul web che vi sveleranno i suoi segreti.

Ora, l'inglese, con tutto il suo groovy, deve essere masticato, come cibo duro in terra arida, e non e' un caso che dagli Stati Uniti ci sia giunta la gomma da masticare, che altro non è se non un artificio fonetico che forse supplisce a una parte anatomica perduta con l'evoluzione. In italiano è cattiva educazione parlare con una chewing-gum in bocca, in AE è la via piu' sicura per parlare. Anche qui, quando si mangia non si parla, ma quando si parla, si deve masticare. Lo dimostra il nome. Da piccoli avete imparato a dire ciuingam come la cosa più naturale di questo mondo; eppure quando per la prima volta avete dovuto pronunciare assieme gomma da masticare vi sono venute non una ma molteplici versioni: cheuing-gom, keuing-gum, kiuinghem. Meglio l'inglese bubble-gum, che si pronuncia quasi come si legge. Cioè, a parte che masticare fa proprio tscia, tscia, tscia, la gomma da masticare prende il nome non da un concetto o da un'immagine mentale, bensì da un rumore primordiale. È pura onomatopea. Beppe Severgnini nei suoi libri ha fatto una stupenda fenomenologia di questa pronuncia , tradotti anche in BE e AE: fateci attenzione, ogni tanto scoprirete che sapete gia' pronunciare parole difficilissime che "a freddo" non sapreste come affrontare.

Questo ha anche un rilievo fondamentale a proposito di politica culturale. Gli europei promuovono centri per l'apprendimento di lingua e cultura nei paesi stranieri (Goethe, Centre Culturel Français, Istituto Italiano di Cultura, British Council, di solito accanto alle loro ambasciate). Gli americani ti regalano le chewing-gum quando ti liberano (perché spesso questo hanno fatto, e molte volte ci hanno veramente liberato), poi ti costruiscono un website per dirti come andare in America, possibilmente senza rimanerci troppo a lungo, ti tengono (giustamente) lontano dalle ambasciate (andate al sito dell'ambasciata americana a Roma) e ti fanno vedere gli USA in tv. Dove nessuna mamma rimprovera il bambino perché mastica la chewing-gum, non solo, se cercate su internet, rimarrete stupiti perché un prodotto così americano sia relativamente così poco pubblicizzato...


Tutto ciò ci riporta alle consonanti. Mangiatevi, masticate le vocali, come la gomma, se arrivate in anticipo sul finale, allungate e modulate le consonanti finché non finisce il tempo a vostra disposizione. Così potrete cantare in inglese (non preoccupatevi se non capiscono le parole, potete inventare, proprio come facciamo noi italiani, un po' alla Alberto Sordi, ma non fatelo con gli inglesi). Un'unico suggerimento ai filosofi: non pronunciate mai Kant alla tedesca...

Avete preso la cadenza, ci avete sopra le parole e avete capito che l'AE non è Bach, Mozart o Haendel, ma Gershwin, il Be-Bop, Luis Armstrong, Miles Davis, Eminem. Capite anche perché gli Usa hanno prodotto un tipo di canzone o di interpretazione della canzone che non è il nostro "bel canto", come lo chiamano loro. A Sanremo, un tempo due interpreti cantavano assieme la stessa canzone. Ci sono stupende versioni di Paolo Conte dei Neri Per Caso, di Fiorella Mannoia e proprio in questi giorni, degli Avion Travel. Se prendete l'esempio piu' banale qui, Over the Rainbow, il tema del Mago di Oz, dopo Judy Garland lo hanno cantato o suonato Toni Bennett, Frank Sinatra, Iz, Annie Lennox, John Denver, Gloria Gaynor, Mariah Carey, Ray Charles, James Brown, James Taylor, Alanis Morissette, Michael Buble', John Wayne, Bill Clinton, George Bush, John Travolta, Olivia NJ, Rupert Everett, Billie Holliday, i Rockapella, gli Eurythmics, Jackson Brown, Peggy Lee, Jerry Lee Lewis, Dean Martin, Elvis Presley, I soggy Bottom Boys, Trisha Yerwood, Hillary Duff, Britney Spears, i Beach Boys, Jackson Browne, I Cedarmont Boys, le Andrew Sisters, i Browns, John Williams, Michael Jackson, Paul Anka, Perry Como, Bart Simpson, Fonzie, Charlie Brown, Reeba McEntyre, probabilmente anche Bill Gates e Richard Nixon assieme a Barbra Streisand e Whitney Houston... insomma basta giocare sulle consonanti e le permutazioni sono praticamente infinite. Solo Fiorella Mannoia e Ivano Fossati possono cantare Ivano Fossati e non è pensabile una versione rock di Iva Zanicchi, a meno che non intervenga Fiorello, ma quello è un'altro fenomeno.

Le parole a loro volte, come diceva il mio ottimo professore di linguistica, non sono una materia prima, bensì dei semilavorati che si applicano per analogia secondo il contesto. Cosi' le cento pagine sulla sintassi del verbo della vostra grammatica si riassumono in Ain't, un Li'l come aggettivo ci sta sempre bene, poi potete inserire Gotcha per tutto quello che significa afferrare, avvicinare, prendere, Gonna per il futuro, Shudda per il dovere, Yeah per le affermazioni e No way per le negazioni.

Questo proprio se dovete usare l'AE per esprimervi, cioè se dopo tutto quello che ho scritto non avete capito che l'AE più che per essere parlato, è fatto per essere ascoltato: l'anno scorso la Coca-Cola ha fatto una serie di spot per la sua versione zero calorie in cui alcuni filmati erano doppiati da personaggi che contavano a ritroso da novanta a 0. Obiettivamente, faceva ridere. L'ho mostrata a diversi indigeni, che mi hanno risposto con la frase che elimina ogni discussione: "so what?", non la capivano, ma con queste istruzioni previe si capisce perche'. Quindi sedetevi nel vostro immaginario soggiorno mentale e godetevi l'AE in Dolby Sorround.

Due corollari per quanto riguarda la sintassi.
La prima: il linguaggio comune. Si richiede la visione previa di Fargo dei fratelli Cohen. Da cui potrete desumere che gli americani per parlare usano 200 parole in tutto, di cui venti sono le famose yeah, gotcha, no way, coudda, shudda, etc. Il resto sono frasi fatte come How are you today, You look great, wow, e cosi' via. Poi ci sono le parole che trasmettono frammenti di informazione. Infine, c'e' il linguaggio del corpo, non come lo intendono i francesi, un'ermeneutica della mimica facciale o quant'altro. Linguaggio del corpo sono le pacche sulle spalle, sputare per terra, abbracciarsi a intervalli regolari e cosi' via. Questo e' un esempio di conversazione significativa, che riproduce un incontro tra due persone dopo anni che non si vedevano.

- Wow, Am I Dreamin'? Are you Bob Smith?
- Wooow, Jim Bubble, who are the best to deal with /(cantilenato)
- Jimmy Bubble and Bobby Smith!
ritornello: how are you doin' buddy, such a long time, great
Abbraccio, pacche varie, ripetizione ad libitum di pacche e ritornello
Informazione
- What about Linda?
- Gone with the kids (cioè, mi ha piantato!)
- Shut, I know how you feel (commozione reciproca)
- Don't worry, buddy! Life is tough...
- Don't tell
Abbraccio, pacche varie, ripetizione ad libitum di pacche e ritornello
- And Kate?
- She's OK, she loves the kids, you know they are three and one on the go?
- Jimmy, I always told you are a big ***
- you, mother ***, ah! ah! ah!
Abbraccio, pacche varie, ripetizione ad libitum di pacche e ritornello
- Remember Teddy?
- Li'l Ed 'freckle' Williams?
- Yep
- We started an amazing biz
- No way! are you talkin' of the same old' freckle?
- Yeah, and I talk millions. And the guy is a-b-s-o-l-u-t-e-l-y great
- I can't believe it, such a nerd
Abbraccio, pacche varie, ripetizione ad libitum di pacche e ritornello
- Gotta go, buddy, nice to meet you, bye to Kate, and keep your *** quiet!
- Sure! You and damn' freckled Ed!
Abbraccio, pacche varie, ripetizione ad libitum di pacche e ritornello, fading

Come vedete, l'AE è fatto come uno di quegli esercizi di grammatica in cui devi solo mettere una o due parole, ovviamente lo schema cambia secondo le persone (uomini e donne), la loro relazione, la situazione in cui si vengono a trovare (incontro casuale, matrimonio, funerale, etc.), ma con una ventina di formulari o templates (e spalle larghe per le pacche, per le donne vanno bene diverse modulazioni di strilletti), si va avanti per una vita intera, almeno se non si ha qualcosa di serio da dire.

Secondo corollario: di fatto certe volte bisogna comunicare qualche informazione seria o qualche argomento. In questo caso, a parte il caso più ampio del giornalista e dell'avvocato, che in qualche modo sono anche loro prestampati, beh gli americani hanno assunto da un lato la manualistica pragmatica, dall'altro la filosofia analitica, portandola alle estreme conseguenze. Entrambi sono metasistemi, la seconda più adatta alle conversazioni scientifiche, la prima alla divulgazione, che sono dei sistemi logici che funzionano come il lego, e che possono essere combinati nei modi piu' diversi e ripetuti all'infinito. In ogni caso, veicolano un'unica informazione e sono costuiti allo stesso modo: prendete ad esempio i vari libri for Dummies', ce ne sono su tutti gli argomenti, dall'astrologia al divorzio, e anche qui si tratta di inserire qualche parola specifica. La filosofia analitica e' un po' come la soia per i cinesi, stessa materia che si può offrire come carne, pasta, gelato, gamberoni in salsa ..., etc. Il che permette di avere l'illusione di mangiare carne il venerdì di Quaresima

Il 50 o il 60 per cento dei titoli dei libri e' prevedibile, il resto puo' costituire materiale per nuovi schemi. Alcuni esempi:

Taking (nome) seriously
How to (verbo - preposizione - nome) (if you need to)
(nome) for Dummies'
(Numero, variabile da 7 a 10) effective habits for (gerundio)
The real effective handbook for (gerundio)
The one minute book on (...)
(Aggettivo, di solito ruolo, titolo, etc.), and then? Alternativa: so, what?
On (nome)

Al fine di rendere più rapida la scrittura, l'AE ha introdotto i numeri, che possono essere una abbreviazione delle parole (2 you, 4 sale...) oppure indicare una funzione. Alcuni esempi:

101: da un numero telefonico, indica informazioni generali su qualsiasi argomento, 101 College, 101 Movies, equivale un po' a for 'Dummies

24/7: orario di lavoro da Wal-Mart, 24 h al giorno, 7 giorni alla settimana, indica completa dedizione

5/9: nine-to-five, è l'orario dell'impiegato, dedizione part-time

911: segnale di pericolo, dal numero telefonico corrispondente ai nostri 113 o 118: guarda un po', l'attentato alle torri gemelle avvenne il 9/11


Una piccola nota conclusiva riguarda lo spelling. Ce lo insegnano a scuola come prima cosa per passare a "Mi chiamo Giovanni e vengo da Berlino" "Ho 45 anni e ho una borsa di studio Fullbright". In realta', lo spelling e' un arte e ti salva da mille situazioni e noi non lo sappiamo. Ancora una volta, puoi essere un completo ignorante, ma se sai fare lo spelling di una parola, hai speranze di attingere alle fonti della conoscenza. Pensate al meraviglioso film con Anne Bancroft "The Miracle Worker": un'apologia dello spelling. Da Barnes & Nobles, a differenza che da Hoeply a Milano, nel reparto filosofia vi assumono se sapete fare lo spelling di Aristotele, non se sapete chi e' Aristotele (per questo la famiglia della bambina sordo-muta-cieca del film sopra citato si ferma allo spelling e a loro non importa che capisca quello che dice... Anne Bancroft, alias Anne Sullivan, li rimprovera "non mi basta che sappia obbedire, ma che sappia quello che dice"). Perché in genere all'americano basta l'obbedienza eficace (è una nota piccola in quella sceneggiatura, ma è molto importante in quel testo, è piazzata proprio prima del climax).

In conclusione, solamente alcune curiosità su come ci vedono gli Americani, almeno da alcuni punti di vista. Dal momento che la musica italiana o è l'opera o non è, hanno costretto un immigrato, Alfredo Arnold Cocozza, nato a Philadelphia a fare il tenore con il nome di Mario Lanza (perdonate la mia ignoranza, ma io non l'avevo mai sentito). La musica italiana è generalmente sconosciuta ad eccezione di Bocelli (vedi sopra) e Paolo Conte (negli attici di Manhatthan e Chicago). Nella sezione Latin trovate anche Laura Pausini nella sua produzione spagnola.
E, a proposito di Spagna, il soprannome con cui siamo noti qui è Dago. Dago viene da Diego (nome diffuso tra i pochi immigrati spagnoli, non sudamericani), con i quali siamo stati confusi. Un'altra possibilità è Wapo (pl. Wapos), da guapo, anche qui nell'accezione spagnola, ad indicare una bella presenza) e non in quella napoletana (con la sfumatura di spavalderia).

Beh, credo di aver pontificato abbastanza. Intanto la temperatura risale, metà dei pesci che curo sono morti perché gli ho dato troppo da mangiare, Steve Jobs ha presentato l'IPhone, Microsoft Vista ha paralizzato il sistema informatico dell'università, Tatum O'Neal (ricordate Paper Moon?) ha pubblicato una autobiografia bella, sincera e dolorosa, Hillary Clinton, nonostante si siano scritte montagne di libri contro di lei, pare avviata alla nomination, ho visto e in qualche modo consiglio a persone adulte e vaccinate Fargo dei fratelli Cohen (uno dei loro primi film, che descrive benissimo l'ambiente in cui vivo) e il più recente Little Miss Sunshine. Quest'ultimo, anche se non ha niente di particolarmente scabroso, non è consigliato a "persone con alto tasso di moralismo". Con questo vi do le coordinate culturali del subcontinente, almeno per gli ultimi mesi. La prossima puntata, a quando la neve si scioglierà.

Good Night and Good Luck!

Marco

Mille grazie a Frances McDormand, Oscar per Fargo (vedi immagine accanto), ai tanti amici che mi hanno suggerito interessanti riferimenti linguistici, a chi mi regalò le Verdi Colline dell'Oregon e a mio fratello Alessandro che mi ha suggerito di vedere Charlie and the Chocolate Factory di Tim Burton. Grazie anche a Paul Simon per la sua splendida canzone sul ponte della 59a strada e alla mia Multipix 510, che ha collaborato con le sue immagini, nonostante la mia incompetenza.

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