Thursday, April 09, 2009

GRAZIE PER LA COLLABORAZIONE!


Ho ricevuto alcuni commenti agli ultimi post sul campus: spero di avere capito bene questo policlinico universitario, che certo è un poco speciale. Se qualcuna/o dentro o fuori dal campus vuole correggere, aggiungere qualcosa (una storia), dire la sua liberamente, rispondere a qualche domanda, può lasciare un commento. Si possono lasciare commenti anonimi (in alcuni casi devono essere anonimi per discrezione), magari qualche segnale aiuta a capire meglio che lavoro svolge e quindi qual è il suo punto di vista. Ovviamente, l'unica regola è quella di non citare nomi (tranne che la persona in questione non sia d'accordo) oppure se non si è sicuri che non potrà mai leggere questo blog... si possono usare nomi di fantasia, ma lo scopo rimane quello di descrivere o spiegare il campus, perché si lavora in un certo modo, perché a uno gli può piacere il lavoro che fa, etc. Serve solo a fare capire perché si lavora in un certo modo, con passione e a 360 gradi (vero Federica?). Per il resto, tutte le cose simpatiche, divertenti e "gajarde" sono benvenute... Spero che nessuno si offenda per le cose che ho scritto, che sono sempre scritte con l'idea di essere positive.

un saluto e già da ora un ringraziamento (non scrivo l'autore, anche se non sarà difficile individuarlo). Per favore, non vendicatevi (soprattutto i romani): è tutto affetto!

La vita è un ospedale!


Oggi il marco esce dal Campus. Dopo una settimana. Esce pure Gino. Risistemato (in qualche modo) fisicamente e spiritualmente (è stato un evento commovente, ma me lo tengo per me). È contentissimo. Ha regalato alle infermiere delle uova di Pasqua. Veramente, la sua è una storia. Credo proprio che scriverò il libro che lui è convinto che sto scrivendo su di lui. Il titolo sarà "Eh vabbè, ringraziando Iddio" e finirà con "Ecchissenefrega?". Cioè nel risvolto di copertina ci sarà una voce, come nei biglietti di auguri, in modo che a ogni frase, il lettore potrà andare in fondo, girare la pagina e sentire "Eh cchi sse ne frega un c'ho metti?". Il sottotitolo sarà "meglio boscaioli che pecorari". Non ci saremmo mai incontrati, ora sono il suo biografo ufficiale e autorizzato. Tutti ormai in reparto sanno che verrà pubblicata questa biografia.

E io che cosa mi porto appresso da questa avventura, assieme a una cartella clinica più pesante e accurata? Una sola idea: che il mondo è un grande ospedale, dove tutti possiamo curarci e
aiutarci a vicenda, come si fa qui, con amicizia e discrezione.

Un grazie a tutti quelli che ci hanno seguito: a Federica, a Stefano, a tutti i dottori, tirocinanti e specializzandi del III Est, a Sara, Fede, Nadia, Alberto, Filomena, Fabiola e a tutti gli altri...
E a tanti degenti da cui ho imparato tanto e a quelli a cui ho potuto dare una mano: come nella vita che comicia fuori da queste mura. E a tutti quelli che hanno e stanno rendendo possibile il campus...

Good night and good luck, e buona Pasqua


Marco

Tuesday, April 07, 2009

EmotiCrohn


Sono costretto a correggermi: proprio sulla prima regola del post precedente. Oggi andando a fare la risonanza, ho incontrato una signora che ha ricevuto una medaglia. Perché? Perché è stata la prima degente ad entrare nella nuova sede del campus. Il 28 novembre 2007. Nessuno prima di lei. La chiameremo Marina, nome di fantasia. Ha una forma molto grave del morbo di Crohn, per cui non mangia, perde peso, subisce operazioni in continuazione, segue terapie sperimentali. Ne parla in modo pacato, sereno, come se non si trattasse di lei. È giovane ma dal 2001 non vive. La vita reale. La vita in 3D
Interviene diciamo Anna Paola persona elegante educata, di buona cultura: con un mucchio di domande a Marina. Sembrava di essere entrati in un programma televisivo sulla salute. La salute stile Mulino Bianco. Anna Paola pareva non rendersi che ogni domanda che faceva era fuori luogo, che a ogni parola corrispondevano giorni di dolore, lunghi ricoveri, operazioni ripetute; ma non c'era nessuna telecamera, solo una persona in carne e ossa, che con enorme pazienza e tranquillità rispondeva a ogni sua curiosità. Poi si è iniziato a parlare del campus, che Anna Paola non conosceva. Non poteva "credere a quello che vedeva": di conseguenza camminava cercando in giro cose che non funzionassero. Incosciamente per demolire qualcosa che non poteva esistere. Mi ha colpito. Gino mi aveva fatto notare che la porta della sala delle risonanze "si lamentava". Andiamo a cercare un po' d'olio e la sistemiamo. Anna Paola, nel frattempo, come se avesse trovato 500.000 euro nei pacchi, esultava: questo pavimento si sta sollevando e poi essere ricoverati qui deve essere noioso. In sostanza, il mondo è la solita schifezza, l'importante è che non ci siano segni di miglioramento, anche se tutto deve rimanere televisivamente coerente. L'orchestra del Titanic, ecco un bel simbolo di questa situazione.
Il massimo poi è stato quando "la prima degente" le ha detto che il campus è dell'Opus Dei. Di cui lei assicurava di non saper nulla. Però ricorrevano le parole segretezza, mani in pasta, soldi, potenza, politici a volontà. "E questo signora mia di Crohn, è proprio vero. La medaglia, signora, gliel'hanno data per farsi belli".
"Signora, qui mi hanno dato la vita e la medaglia mi ricorda questo e chi mi ha salvato. Per ora. Per questo sono fiera che me l'abbiano data".
Ma chi sono questi dell'Opus Dei? La signora della medaglia ha detto che lei non lo era. E qui è intervenuto il marco, dicendo: Io! Questi tre elementi mi hanno fatto pensare: ma sta cultura ci convince veramente che cose belle non ne possono esistere, che dobbiamo sempre metterci fuori e giudicare dall'esterno e trovare i difetti (senza pensare che possiamo correggerli?) . E che se le cose non passano per certi canali prestabiliti, non esistono. Però le giudichiamo. Per sentito dire. Quello che sappiamo è che la vita, non potendo essere sogno, deve essere incubo. Quindi, esorcizziamo l'incubo Mi sono chiesto però: perché la gente ha questa immagine delle cose belle? Le ragioni sono tante, ma forse la colpa è mia che non le so comunicare nel modo e con la passione giusta! Ma come si fa a comunicare una passione specialmente quando le emozioni e il sospetto fanno muro? Questo mi ha fatto arrabbiare, anche se lo ero di più per il morbo di Crohn. E mi sono beccato un meritato: "lei ha la coda di paglia". No, non c'ho la coda, e mi dispiace se mi sono incavolato. Mi dispiace perché tante persone in buona fede vivono in un mondo in cui il morbo di Crohn esiste solo se se ne parla in televisione, perché c'è sempre dietro qualcosa di cui dubitare, e perché non ci prendiamo la briga di ascoltare sul serio, di metterci nei panni degli altri. Se io fossi stato al posto di Anna Paola... ho provato a pensarci e la capisco. Purtroppo abbiamo solo potuto iniziare un discorso, spero che potremo risentirci presto, le ho lasciato i miei dati.

Mondo balordo. Gino mi dice: "questa è la verità, poi tu puoi pensarla diversa, ma a mme che mme frega?". Gli ho promesso che scriverò un saggio su questa critica al relativismo. Ma non è la soluzione, perché a me, di quello che pensa Anna Paola, me ne frega! Se non si vive appassionatamente e senza diffidenza, ma che si vive a fare? E se la mia passione non mi fa trovare le vie giuste per resuscitare queste anime morte, se non abbatte i muri di pietra di sospetti campati per aria, se non scalfisce massi che sono bolle di sapone, ci deve essere qualcosa di sbagliato!
Diceva Voltaire che noi moderni siamo un po' aridi in tutto. Questa forse è una sfida, ad amare il mondo appassionatamente! Se avete una bella passione fatela vivere!

Good night and good luck

Marco

PS.: di recente un mio caro amico, eminente e acuto professore di cui ho altissima stima, ha dichiarato a un quotidiano nazionale che una certa università è nelle mani dell'Opus Dei. Peccato che in quell'università non ci sia nessun membro dell'Opera e a domanda non è in grado di citare nessun nome. Concludo che l'Opus Dei non esiste. Il mistero s'infittisce...

Monday, April 06, 2009

Fuori Campus

La PaLola nonostante la brutta botta rimediata in mattinata, non verrà operata al naso.
Ovviamente, i soccorsi di Betta e Mamma ER sono stati immediati, mentre il SuperBaffo coordinava le operazioni su scala nazionale dalla sua cabina di comando. Il Grande Fratello gradisce il gesto di solidarietà: Sis, vabbene l'affetto, ma pensa che adesso hai le responsabilità di zia...

Sunday, April 05, 2009

Vita di Campus (storielle gajarde)


Il marco ormai è ambientato in quel di Trigoria, e finita la prima e più consistente serie di esami, si muove per il Policlinico. Oggi il mio amico architetto, con cui fino a tarda serata abbiamo avuto conversazioni sui suoi lavori (me ne ha fatti vedere alcuni in foto sul portatile), sul mio mestiere, sul rapporto tra velocità nei voli intercontinentali e fuso orario; su come funzionavano i primi telefoni (chi lo sa, me/ce lo faccia sapere); su come si rimette a posto un sidecar o come si aggiusta una penna stilografica; su Frank Lloyd Wright e Giotto; su Picone e Ficarra e il dialetto palermitano. Chi sa perché l'iPhone si chiama iPhone e non ePhone, la posta elettronica email e non iMail? Se non lo sapete, scrivete vi rispondo. Sapete che la statua della libertà stava per crollare e come è stata salvata? Come sono state costruite le ferrovie negli USA? Che cosa era l'impero degli algonchini in quale caso è necessario capovolgere una cartina geografica per risolvere un problema? Spero proprio che ci rivedremo, un vero maestro.

Dopo la Messa della Domenica delle Palme, ho festeggiato (perché oggi è un giorno di festa, in cui si legge però il Vangelo della Passione) con l'unica cosa compatibile con la mia dieta ipolipidico-microscopica. Al bar c'era un signore che ha chiesto una mezz'acqua gasata in bottiglia, rifiutando quella che gli veniva data. Allora, escludendo il caso assurdo di una bottiglia metà piena di acqua gassata e l'altra metà di acqua liscia, si poteva ipotizzare una bottiglietta da 500 ml di acqua frizzante (no! dice il signore); a quel punto, un intervento ermeneutico (grazie Gadamer, figlio di Holter), ci ha portato a ipotizzare che la bottiglia fosse proprio la bottiglia e mezza gasata stesse per leggermente effervescente... insomma come in liscia, gasata e ferrarelle. Per chi poi vuole poi nuovi suggerimenti, vi lancio il succo di mela verde con latte, da accompagnare con un panino con tonno, pomodoro e maionese caldo. Ora io vi chiedo: è eticamente corretto per un barista favorire queste contraddizioni alimentari? Può dichiararsi obiettore di coscienza? È moralmente obbligato a fornire un'educazione alimentare? Deve accettare la libertà di coscienza del cliente (lo stomaco è mio e me lo gestisco io) e limitarsi al suo compito di pubblico ufficiale? Può essere rassicurato dal fatto che oltre la porta c'è una struttura ospedaliera? Può fondare un movimento che raccolga firme contro l'irrazionalità delle richieste dei clienti? E questo movimento deve essere apolitico oppure, in caso concreto, si schiererebbe a destra, a sinistra, sarebbe bipolare (probabilmente sì) o trasversale (la trasversalità dovrebbe essere sinonimo di mescolanza indebita e quindi incompatibile con i fini del movimento)? Quale sarebbe il suo motto? Se' po' magna'? I care?

Ma non buttiamola in politica. I giorni delle visite, arrivano nonne e bambini. I bambini Duracell approfittano degli ampi corridoi per correre: le nonne li inseguono. Ne ho vista una sui 75 correre con buono stile (non ha passetti, ma a falcate discretamente larghe). Il problema è stato che il bambino ha cominciato a girare tra i divanetti: e la nonna, in maniera assolutamente imprevista, ha tentato il salto del divano. Ho chiuso gli occhi... quando li ho riaperti, era distesa, metà per terra metà sul divanetto. Mi ha sorriso e poi si è rialzata ricominciando a correre. Nonni, non perdete la testa per i nipoti, chi vuole capire capisca!

Mentre bevo la mia spremuta, una specie di sora Lella mi dice, "'mmazza, st'ospedale è propio gajardo!". Un bel motto. E c'è spazio anche per il cabaret. "Te sembra de dì scemate, ma poi magari magari dici a verità.

Scopro che il mio compagno di camera confonde le persone e ha attacchi inconsulti di violenza... sarà una lunga notte
Ma l'oroscopo di Branko, sul Messaggero, dice che per la Vergine la settimana sarà positiva, prima di tutto per me, e poi, per l'incrocio di Saturno e Mercurio, da giovedì anche per la mia famiglia.

Good (forse) night and good luck

Marco

PS.: tutti i miei compagni di stanza sanno un sacco di cose di storia romana antica

PS.: purtroppo, stamattina una signora ha ricevuto una chiamata, la sua casa a l'Aquila è crollata, e non sa nulla di suo figlio, come dice Gino, mannaggia a' zzi prete...

Friday, April 03, 2009

NEURO-FILOSOFIA

Il russare degli innocenti

(con sorpresa finale)


Da ieri pomeriggio, finite le lezioni, il marco ha deciso di affrontare il suo mal di testa e la sua ipersonnia ed eccolo qui, ricoverato per quattro giorni, con elettrodi dappertutto, esami di ogni tipo e così via.
E quindi, visto che qui, Policlinico del Campus Bio-Medico, dispongo di wi-fi, posso darvi un diario in tempo reale (se vi interessa) della mia vita ospedaliera. Non che si sia arrivato al massimo, la mattina ho fatto lezione e sbrigato un po’ di lavori in università. Alle due e mezza mi hanno ricoverato, accompagnato in camera da una hostess, elegantissima, che non mi ha abbandonato finché non mi ero sistemato. Bene, qui vale la pena fare una piccola nota di ambientamento. Il Campus Bio-Medico, situato (piccolo inconveniente), in the middle of nowhere, accanto al centro di Trigoria dove si allena la Roma, è un policlinico universitario promosso dalla potentissima organizzazione Opus Dei, quella del Da Vinci Code per capirsi. Superata la schiera di monaci albini che cercavano di uccidermi per carpirmi pochi euro e le mie conoscenze nascoste di filosofo, ho incontrato infermiere carine, dottori (beh se sono carini, non glielo dico certo io) stanze molto ben arredate, una non comune sistemazione che lascia separato il traffico del day hospital dai pazienti ricoverati e dagli studenti… Certamente è un ospedale nuovo e se vuoi fare oggi una struttura come si deve, credo che devi farla comunque cosi. Ma c'è qualche piccolo dettaglio: tutti sono perfettamente vestiti, in modo diverso a seconda delle loro mansioni. Vabbè, opus style e acqua di colonia. Come c'è Prada o Dolce & Gabbana. Il diavolo veste Prada, l'Opus Dei i fantomatici numerari. Le mie mansioni sono di paziente e quindi, se non sono costretto a stare in pigiama, sto praticamente normalmente vestito (un mio amico mi ha appena definito l'uomo bionico mescolato con il silenzio degli innocenti, per gli elettrodi che ho in testa, silenzio, poi ne parliamo); comunque non si va in giro per i reparti o per il resto dell’ospedale né in pigiama, né in vestaglia. Eccheppalle, dirai tu, mio caro
unico lettore. E se non lo dici tu, lo dico io. Tutti in divisa…, un po' fascio, per capirsi, "la destra reazionario-te(cn)ologica", per chi vuole esprime un giudizio positivo sull'istituzione... ma se va bene a loro! La divisa mi hanno insegnato i miei amici marxisti doc, è indice di potere e di forza, quelli di estrema destra, indice di ordine. Ma qui... eleganti dentro il policlinico, in genere eleganti fuori, siano o no dell'Opera (poi ci sono quelli che eleganti non lo saranno mai). Insomma, capisco chi ce l'ha con le divise. Io le odio, soprattutto da dopo il militare e in genere dopo il Ventennio. Viceversa apprezzo il carattere di chi le porta (eleganti e con cura), magari con qualche tocco di personalità, e si veste con eleganza anche fuori, secondo il suo stile. Ciò che unifica è eleganza e personalità (vedi sotto alla voce Irlanda). Per me è un segno di carattere.

Fine discorso moda-lavoro-istituzioni. Per spiegare il resto del campus, lascio la parola a Raffaele, che viene da Torre Annunziata, è il mio compagno di stanza, sta leggendo Gomorra e ricorre in queste righe in una luce positiva, tranne che in un caso (aspetta e vedrai). So per certo che non mi leggerà. È stato proprio lui a introdurmi al reparto e alla stanza, fino al letto ipertecnologico, che se spingi un pulsante sbagliato si chiude a sandwitch (con te dentro). “In un posto del genere io non c’ero mai stato”, “e dire che io di ospedali ne ho girati tanti”. In effetti è stato così, lui stesso è una specie di policlinico ambulante, lasciato in questo mondo dalla misericordia divina; come avviene di solito in ospedale, nel giro di un’ora so tutto di lui (e viceversa). Allora, ieri sera aveva avuto la conferma che, dopo tutte le sue vicissitudini, aveva anche un tumore benigno, che opereranno tra tre mesi. Certo, un tumore benigno è meglio di uno maligno, di uno come quello che ha quello che sta nella stanza accanto, “a cui gli ha detto male” mi dice, e gli si inumidiscono gli occhi. "Io faccio il facchino”, non ho studiato come lei (dopo mezza giornata ci diamo del tu, ah le barriere culturali, io non sono razzista, è lui che fa il facchino, ma come sono stronzo, con rispetto parlando): … per farlo rilassare, una dottoressa gli ha dato da ascoltare musica classica, “io di questi conosco solo sto’ Beethoven”. Ma quello che ti spiega sta terapia, come la musica aiuta a rilassarsi, pare Dario Argento. Raffaele.
Regola fondamentale: “ci sono i medici e ci sono le infermiere (con questo intende l'intero personale paramedico); i dottori sono seri, e le infermiere, le infermiere sono gentilissime, bravissime, buonissime”. Chiariamo allora due punti: con “seri” non intende “seriosi”, “distaccati”, “superiori”, “sacerdoti della salute”, o come diceva un'infermiera in un'altra degenza, in un'altro continente, in un altro mondo possibile, parlando di un giovane aiuto primario in carriera: , "se te lo immagini sulla tazza del cesso ti fai quattro risate". "'A scemo, ma nndo vai?". Qui non c'entrano invece i sanitari e la fantasia. Serio significa, con le parole di Raffaele, qualcuno che va subito al sodo (qui tutto è computerizzato e in ogni momento, via wifi, la cartella di tutti viene aggiornata ed è accessibile a tutti quelli che devono, secondo le ovvie misure della privacy… tracciati, immagini, radiografie comprese. Seri significa: i soldi sono pochi, gli esami possibili sono tanti, facciamo una sequenza incredibile di visite con le quali si circoscrive il problema. E su quello si focalizza la ricerca. Qui entrano i luminari. "Sono qui da una settimana, e non hanno sbagliato una diagnosi, anche i più giovani". Non devi fare battute quando ti esaminano o ti visitano (rispettare il lavoro del medico, e chi ci pensa mai?, non fare battute, non rubargli tempo inutilmente, non farti le autoanalisi perché te le approvino: solo così, gli ridai il settanta per cento del loro tempo); prima... mentre ti fanno le visite anamnestiche, prendono appunti al computer, correggono, sistemano. Ieri ho beccato una dottoressa e le ho detto, se vuole ho scritto la mia storia clinica sul portatile, gliela mando per mail? Risata. Comunque, Raffaele: "non ti dicono nulla della diagnosi finale fino a che non sono certi, e se necessario ripetono lo stesso esame anche tre volte". Poi chiaramente sono molto delicati nel comunicare l’esito e a chi comunicarlo.

Le infermiere: questo merita una piccola nota, il loro comportamento è difficile da definire. Bisogna vederlo, bisognerebbe fermarle e chiedere loro, ma chi te lo fa fare? La maggior parte sono romane, sorridono, ti risolvono i problemi prima che te li poni. Ti portano le medicine e ti vanno a prendere l'acqua. Sanno essere dure ed esigenti. E potresti incontrarle sul 46 che vanno a Boccea. Grande domanda: che cosa hanno di diverso? Boh. Io glielo vorrei chiedere. Ieri sera, di turno c'era Nadia “me la da la pressione?, poi gliela ridò”: era appena tornata dalle ferie, e mi ha detto, dopo una settimana non ne potevo più, io qui mi diverto… Poco prima, con altre colleghe, aveva fatto un regalo di compleanno a una collega. Siamo finiti a parlare del nuovo modello di IPhone. Non sono suore (con tutto l'amore e il rispetto per le suore), non sono come le protagoniste delle commedie all'italiana degli anni '80. Sanno essere delicate ed eleganti, attente e sorridenti e allo stesso tempo mantengono le distanze in maniera perfetta. L'eleganza si addice alla donna. Fortunato chi se le sposa. Perché non sono di un altro pianeta, ma c'è qualcosa... so che è una considerazione molto maschile, ma per me è importante.

Ora, da questo uno può concludere, qui sono tutti perfettini: io mi porto sempre appresso il perfect detector, credo di conoscere abbastanza il mondo per non pensare che la gente sia fatta e finita. E qui i medici possono rischiare di pensare solo alla carriera, le infermiere essere preoccupate dello stipendio (ma queste non sono imperfezioni, imperfezione è vivere solo per questo e fare finta che non è vero). Il perfect detector immediatamente segnala quello che è veramente perfetto, il perfetto costruito, il perfetto intimorito, quello aggressivo, il paravento, quello intransigente, quello pseudo-morale o religioso... Qui l'ago per un po' è rimasto incerto. Tuttavia la mia interpretazione è stata la seguente: non si tratta di persone anormali, distaccate, iperspecializzate (lo saranno pure, ma per quello erano anche i medici nazisti nei campi di concentramento). Quello che appare come perfezione, in realtà è che le persone, buona parte o tutte con più o meno successo e con il loro carattere e le loro paturnie hanno la passione di curare i malati (che non tutti hanno, non tutti si stancano dopo una settimana a Sharm per tornare alle tue magagne puzzolenti, certe volte disgustose, malgrado te: "a certe cose non ci si abitua mai", e allora chi glielo fa fare? Boh! Perché come diceva, e usava proprio queste parole, negli ospedali si vomita e si scoreggia, già la parola fa senso, il mio compagno di camera si è appena lasciato andare). Non tutte le infermiere riescono con lo stesso stile a restituire questi profumi con i balocchi, ma si impegnano, ci provano: e hanno bisogno del nostro aiuto di pazienti). Alcuni segni pratici: ti ascoltano (e con me c’è molto da ascoltare, anche se per la Quaresima ho deciso di fare il digiuno verbale); sono positivi e protettivi, con caratteri diversi, ed esigenti; sono convinti che la loro vita si gioca nel pulire bene una stanza (“può sistemare questo?” “e come, no?”), sia per scelta o per necessità familiare (che spesso per alcuni possono coincidere), nel trattare un paziente (anche in questo caso, ci sono casi di "necessità familiare" e di "vocazioni"). BTW, non ho mai sentito una persona parlare male di un'altra in queste ventiquattro ore… (ma non esageriamo, questo non è per niente facile e sicuramente avviene, le invidie, le rabbiette, la rabbiozze, ci sono dappertutto: per questo servono gli ospedali, anche per chi cura). L'importante è saper ricominciare. Ora, metti assieme due persone così, tre, anche con caratteri diversi e questo modo di trattarsi si diffonde. Raffaele mi spiega che è opportuno stare vestiti bene e che lui ha imparato questa "forma di rispetto" e se la porta appresso a casa; mi raccomandava di non rientrare in stanza quando i pavimenti erano ancora bagnati per le pulizie, per non lasciare impronte, "hanno lavorato per noi, non è giusto disprezzare quello che hanno fatto"; dottori e infermieri ti aiutano, ti rassicurano…; sapendo che infermiere e dottori sono disponibili 24 ore su 24, in genere non li chiamano inutilmente. Se possono aiutano loro il compagno di camera ("sai faccio da passa parola, tu fallo con chi verrà dopo di me"). Ecco, questo mi ha colpito. Mi piacerebbe che ci fosse più gente dell'Opus Dei e più italiani che possano beneficiare di questa istituzione, o meglio di questo stile di vita. L'Opus Dei è nata in Spagna, ma con la stessa impronta, vive in tutto il mondo. Ha dei caratteri splendidi nella penisola iberica. Ma è giusto che in Italia debba essere italiana. E noi italiani nelle cose ci mettiamo stile, eleganza e passione. E questi ingredienti fanno capire se una cosa è bella, se vale la bene impegnarci una vita, se ci si diverte. Altro che tristi serial killer paranoici. Qui i paranoici per fortuna cercano di curarli. Uno slogan quindi, più italiani nell'Opus Dei, o meglio quelli che Dio vuole. Più italiani dappertutto. L'Italian Style nel mondo. Poi noi abbiamo i nostri difetti, come altri popoli e nazioni hanno pregi e difetti. Vi immaginate quando il mio medico curante padre di famiglia, o l'addetto alla reception, saranno canonizzati a piazza San Pietro? O quello che ogni mattina fa i panini giù al bar. Panini e santità. Panini e simpatia. Basta mi è venuta fame e sono a dieta ipolipidica (per inciso, c'è bisogno di molti cristiani laici simpatici in Italia e nel mondo, non solo nell'Opus Dei, questo vabbè lo dice il Papa e io torno a quello che un giorno forse sarà il patrono dei Facchini a Pomezia e Torvaianica, il mio amico Raffaele). E se questo avviene per i romani, che si definiscono da soli, dei "paravento", allora può avvenire dappertutto. Se una cosa non succede a Roma, diceva una persona saggia, non serve a niente (ci capiamo) che abbia successo nel mondo. Perché i romani hanno visto tutto e non è facile che cambino, come tutti quelli che conoscono la storia. E loro la loro storia la conoscono.

E sanno perfettamente che i preti non sono perfetti, "che magnano li sordi"... Per cui fare il cappellano qui non è facile (anche perché non si tratta di un ospedale di preti, sempre con tutto il rispetto). Ma un romano non dirà mai a un prete o a un politico che pensano solo ai soldi, perché in alcuni casi è tramite loro che trovano un posto di lavoro. Se però un paziente capisce che qui il prete ci sta solo per i sacramenti, gli hai tolto un peso e lo vedi cambiare. Altra conclusione: più preti santi. Non preti professionisti. Il cappellano ne avrebbe bisogno di qualcuno che gli desse una mano.

Da quando è qui il mio compagno di stanza la sera, ripiega bene i vestiti e li ripone nell’armadio, nessun razzismo per carità, solo un bel po' di ipocrisia che mi porto appresso dalla nascita, ma insomma uno che fa il facchino non te lo immagini così. Vai a Termini e ne parliamo. Ma invece, sotto sotto, gratta gratta, è così Certo, non pensi neanche che, avendo perso il padre, e con la madre invalida a carico, dedichi il tempo libero a fare assistenza volontaria da infermiere. Io ho ricevuto tanto e dare è il meno che possa fare… Pessimisti di tutto il mondo, andate a quel paese. Cioè la gente normale, a un primo sondaggio, e qui mi pare tutta gente abbastanza normale, non è proprio tutta scema, non sono tutti incantati dalla tv, anzi sono contenti di non averla in camera; io ho invece il mio computer e guardo i video di Suzanne Vega o scrivo Blog o i miei articoli filosofici. Mi sento un intellettuale snob, di quelli che parlano nei talk-show, un po’ funzionale al sistema Cassano-Taricone-DeFilippi (uhé nessuno si offenda, scommetto che alcuni qui presenti li seguono (criticamente, boh?). Comunque, magari Cassano va in Paradiso in Ferrari, e io qui a scrivere blog. Da intellettuale del sistema, solo un po’ più evoluto, forse, direbbe Gaber, più di destra che di sinistra, senza essere né l’uno e nell’altro… E intanto la gente normale pensa. Lo diceva anche Aristotele. Miei cari signori, quando parlo della mia ipocrisia, non sono ipocrita.

Per carità, ci sono cose che girano male, una per esempio è stata la giornata di ieri, un numero molto alto di ricoveri. Ancora la segnaletica interna è in sistemazione, ma è fatta nel modo migliore possibile. Quella esterna è stata rifatta da poco. La stanchezza c’è e si vede. Ma sono cose che si superano. Con fatica certo ma anche con un briciolo di umorismo, che ti richiede una piccola risata per lavorare per te. Una delle ragazze che puliscono, che è in giro da stamattina, e smonterà alle 12, ha appena detto alla sua collega, dai questo te lo faccio io, magari stacco mezz’ora dopo… poco fa ha rifatto la mia stanza, e poi mi ha chiesto, ho pulito il bagno, e poiper scherzo ha messo la testa in uno dei cestini della raccolta differenziata, “ma ho sbagliato, questa non era per i rifiuti organici”… “sto proprio fusa… non mi ricordo più se ho neanche se ho pulito il bagno”, insomma proprio andata, e diversa dalla signora delle pubblicità che il bagno non lo voleva pulire. Comunque, l'ho rassicurata. Quello che è certo è che il campus funziona come un sistema esperto, ma umano. Il che, in parole povere significa, noti che una cosa non funziona, ho potrebbe funzionare meglio, dal piccolo ritardo a un modo di fare. Lo dici. Da quel momento le cose vengono sistemate e se ne fa tesoro per il futuro. Speriamo si mantenga sempre così.

Vi immaginerete che i miei appuntidiviaggio si arricchiscono ogni momento di nuove note, quante storie… vi confermo che la crisi economica c’è e si vede da tutti i racconti. Se c’è un’espressione che non si usa è arrivare alla terza settimana o alla fine del mese, espressione che personalmente odio, perché mi sembra troppo “sindacalese” e soprattutto perché andando in giro per strada non vedo la città vuota dal 23 in poi, non vedo gente morire di fame, vedo parabole sky, macchine nuove, gente con telefonini di nuovissima generazione (un discorso a parte vale per noi filosofi, i sacerdoti laici del libro Cuore, in realtà gli sfigati del sistema, sarebbe da riscrivere quello che ha ritratto De Amicis, tipo trent’anni dopo). Però i medicinali costano, gli stipendi sono bassi, la spesa va riorganizzata… che poi possa essere sbilanciata è un altro paio di maniche. La mia personale teoria, testata negli USA, è che il web ridurrà di molto i costi, anche se ci renderà molto più controllati…

Chiudiamo con il lato negativo… arrivo dall’università, faccio tutte le prime visite, il mio simpatico compagno di stanza, che stamattina esce, mi annuncia che lui ha il colesterolo alto perché la sua malattia peggiore è la fame (e sgranocchia, sgranocchia (rumore particolarmente penetrante, specialmente quando si tratta delle chipster, che da sempre croccano, ah un mondo di chipster e nutella), e offre, gentilmente, a me che faccio la dieta… declino). Oramai ho capito molte delle sue patologie, e mi stupisco quando realizzo che ha un anno meno di me (aiiuuto, reparto geriatria). Mi avverte che dorme poco, legge la notte, e che siccome deve essere operato al setto nasale, russa. Russa? È una locomotiva, potente di una ferrovia che si ferma solo quando ti ci abitui, e poi riparte, ed è a un metro e mezzo da me. La notte c’è un’emergenza, il che significa che una signora "ci lascia", poco dopo, un’altra, il che significa che un signore al momento rimane. C’è molta discrezione: dicono le cose chiare agli interessati, ma non ci sono comunicazioni inutili agli altri degenti. Si percepisce lo sforzo per non fare percepire il movimento di strumenti e persone che si può immaginare in questi casi. So che alcune persone dell’ospedale stanno con la famiglia, tengono loro compagnia…

La discrezione, ancora: c’è la solita visita con dottori, vice-dottori, specializzandi, tirocinanti… ma le domande sono limitate a quello che ognuno è bene che sappia. Se tuo nonno Filippo si faceva la pipì addosso, e nessun urologo è presente, ne parlerai con l’urologo a tu per tu. Piccolo dettaglio. Magari si scopre che per questa ragione uno come me si è trasferito da Palermo e ora è in Continente. Ma non c’è motivo per cui l’oculista debba saperlo. Il paziente è vulnerabile, e anche il dottore o l'infermiera possono essere vulnerabili, stanchi, che può non essere il caso di fare o che ci vuole proprio una battuta... Insomma, sto vulnus ce lo abbiamo tutti e siamo tutti qui per essere curati. E ce lo portiamo appresso fuori dall'Ospedale. Per questo, i malati vanno assistiti spiritualmente, moralmente, e così anche le loro famiglie. Per questo la vita intera è un immenso ospedale. Per questo ci sono gli amici.

Anyway, la notte continua, e io sono in dubbio adesso se aprire il computer e lavorare o guardarmi uno dei film che mi sono portato appresso, quello russa, sono le tre e mezza passate, ma io sono qui per disturbi del sonno… Non ci sono tappi che tengono, o meglio i tappi tengono ma il rumore passa lo stesso. Alle quattro riesco ad addormentarmi, alle quattro e mezza, un’infermiera mi sveglia, “Marco”, mi sussura, “scusami, devo prenderti il sangue per gli esami, poi però ti rimetti subito a dormire per favore”. Dracula diventa una dolce fatina. Non me lo faccio dire due volte. Lei ha il piercing al naso, scandalo!? Ma cchi ssene frega, saranno fatti suoi! E poi le dona, se il suo naso non è una proboscide. Il mio compagno di stanza, nel frattempo, si è svegliato, quindi non russa, né legge, né mangia. Mi risveglio d'incanto alle sette e mezzo. Devo fare l’EEG, quando torno la stanza è rifatta e la colazione è pronta (sempre dieta). In compenso mi hanno montato una macchinetta, un sacco di elettrodi alla testa, e devo tenere il diario di quello che faccio per 24 ore. Si chiama holter, presumibilmente da chi lo ha inventato. è il marchingegno che ho descritto sopra, o meglio lo ha fatto il mio amico, che alle 13.40 scrive: colloquio con amico in visita, e alle 14.50 annota l'amico abbandona la stanza e lascia il paziente al computer... Grazie Stè.

Adesso, le conclusioni possibili, a livello diagnostico-culturale, fatte da me medesimo sono: se fai il filosofo, vai fuori di testa o se sei fuori di testa, finisce che fai il filosofo. Ma immagino che anche altre siano possibili.

Detto questo, il post può sembrare un’apologia, e non vuole esserlo. Spero e so che ci sono molti ospedali che funzionano in questo modo e spero che saranno in molti animati dalla stessa passione… che diventa un'allenza tra chi cura e chi è curato e la sua famiglia, per scoprire come trarre vantaggio dalla nostra vulnerabilità (questo lo scrive il filosofo, in conclusione). Ma la fine rimane la stessa





Good Night and Good Luck

(anche se sono le 16.30 e lo annoto sul mio diario)

Marco

PS.: Se non volete dare il 5 per 1000 a me, o alla mia università, datelo al campus... ho passato i miei ultimi due week-end in due hotel, a Dublino e a Portogruaro. Qui si sta meglio e può stare meglio chiunque. Però le cose costano e sicuramente nessuno ti regala nulla...

PS.2: checché se ne dica, non ci si accanisce terapeuticamente contro di me, né sono stato curato con dolorose e inutili terapie, da sadiche e arcigne suore irlandesi


Aggiungo: mi hanno appena messo il polisonno (a sinistra, io non sono la bimba), con l'holter sembro un terrorista suicida... fili, fili, scatolette, cavi, prese, etc. meno male che neanch'io mi vedo. Al dito ho una specie di sensore avvolto da una protezione, sembra che posso sparare.
Il mio nuovo compagno è un architetto molto simpatico, che viene dalla Corea (nel senso, ci è stato per lavoro) ieri sera abbiamo visto assieme le foto del viaggio e io gli ho parlato un po' dell'America. Ha un bellissimo e piccolo netbook, quello che spero che la fata dei degenti mi porterà appena esco... (spero in una colletta tra i miei amici). Comunque, l'architetto non russa, ha un po' di fotofobia, è molto gentile e discreto.
E stamattina, via polisonno e holter (a destra)... vediamo gli esiti.
Non ve ne andate, seguite la storia che ho trovato nei miei archivi, dovrete un po' ingrandirla con il vostro browser.




PICCOLA SORPRESA

UN RICOVERO E I TUOI AMICI